Donare il latte alla banca dell’ospedale e non solo…
La mia storia di donatrice di latte parte da un’esperienza difficile con il mio allattamento.
La mia prima bambina nasce il 24 marzo 2016. È una bimba “pigra”, che apre a malapena la bocca e dorme tantissimo. Da subito mi trovo a spremere e tirare il latte e darglielo con la siringa al dito, riuscendo così ad evitare l’aggiunta. Passiamo da consultori, pediatri, ostetriche… Ognuno dà la propria opinione sommaria e il suo consiglio inutile, nessuno sa aiutarci e NESSUNO ci consiglia una consulente.
Nel frattempo arrivo a tirarmi il latte anche 15/16 volte al giorno, per stare al passo con la crescita di mia figlia.
La giornata passa così: ogni volta che si sveglia per mangiare la faccio attaccare, nonostante le ragadi, almeno 20 minuti, ma se resisto anche di più, cercando di tenerla sveglia. Quindi le dò il latte tirato prima finché è sazia, e tiro quello per la poppata successiva. Questa tiritera andrà avanti per 3 mesi…
Un giorno santissimo, mi imbatto nel sito della lega del latte.
Al primo incontro a cui vado, una splendida donna mi insegna a direzionare il capezzolo verso il nasino della bimba per stuzzicarla e invogliarla ad aprire la bocca: quel giorno mia figlia si attacca bene e la sento deglutire dal seno per la prima volta.
Ci vuole ancora un mesetto prima di abbandonare l’aggiunta di latte mio e un altro mese ci vuole perché io smetta di stare in ansia e pesarla continuamente.
Ma la realtà è che mia figlia poppa alla grande, e io non so contenere la felicità!
Visto che ormai il tiralatte è il mio migliore amico, decido di diventare donatrice di latte e contatto la banca del latte dell’ ospedale Meyer di Firenze.
Nella mia testa e nel mio cuore è un modo di ringraziare per aver avuto a disposizione i mezzi per realizzare il mio sogno. In più, visto che posso finalmente tornare a una vita sociale, organizzo una grande festa.
A questa festa incontro un’amica di vecchia data, che non vedevo da anni e che nel frattempo ha avuto un figlio. Purtroppo a causa di una malattia non può allattarlo e questa cosa la addolora tantissimo. Mi racconta che quando è nato ha provato a farlo allattare a un’altra ragazza, dietro compenso (sigh!) ma lei era un po’ sbrigativa e impaziente e lui non ha voluto attaccarsi… Io le racconto la mia storia di donatrice di latte in erba e facciamo 2+2…
Purtroppo lui ha già 8 mesi e ormai è abituato al ciuccio e al biberon, ci proviamo in tutti i modi ma non riusciamo a farlo attaccare. Però dal giorno stesso ci sono due bottigline in più accanto al tiralatte. Il fratellino di latte di mia figlia già fa colazione pranzo merenda e cena coi cibi solidi, ma ormai l’unico latte che prende è latte materno, e noi ne siamo felicissime.
Come mi sento a donare il latte?
Sinceramente, quello che mi riempie di orgoglio è quel che ho raccontato all’inizio, aver vinto la battaglia per allattare mia figlia, nonostante la disinformazione dilagante sull’argomento, la solitudine, la stanchezza, gli ormoni.
Donare il latte nel mio caso la considero la naturale evoluzione di una consapevolezza, ovvero della ricchezza immensa che si cela in quel sottile liquido bianco.
Preferisco al contrario dire, che personalmente mi sarei vergognata a non donare il latte quando padroneggiavo ormai ogni tipo di tiralatte, quando conoscevo ogni metodo per aumentare la produzione… essendo sana e in forze.
Questa è la mia storia di donatrice, in cui mi sento comunque quella che ha ricevuto di più!