Non so se la mia storia potrà essere pubblicata, perché non è una storia di problematiche di allattamento insormontabili, ma piuttosto una storia molto particolare.
Io e il mio compagno viviamo in Australia e tutto era programmato affinché nostra figlia nascesse in quel meraviglioso paese.
Purtroppo per una serie di circostanze che non sto a raccontare mi sono ritrovata a viaggiare da sola per due mesi tra Nuova Zelanda e Indonesia con una pancia di 5/6 mesi. Finalmente dopo più di 40 giorni il mio compagno riesce a raggiungermi a Bali, dove, bloccati per inghippi burocratici, abbiamo effettuato una visita di controllo da un dottore giapponese che conosceva solo 10 parole di inglese. Fortunatamente tra quelle parole c’era “girl” e “good”. E’ così che arrivò la notizia tanto sperata dal mio compagno: aspettavamo una sanissima bambina!
Purtroppo per un grave lutto siamo dovuti rientrare in Italia dove, dopo 15 ore di volo arrivai stremata e naturalmente oltre il tempo limite per volare di nuovo. Fu così che fummo costretti a rimanere in Italia fino alla fine della gravidanza. Fisicamente stavo benissimo, ma dopo ogni visita, sempre troppo medicalizzate confronto ai metodi australiani, dopo ogni giorno che passavo qua, aumentava la mia voglia di tornare a casa, in Australia.
Fortunatamente mi tenevo occupata con il mio bel pancione che cresceva senza problemi. Giulia è nata a termine, con parto 100% naturale dopo 30 ore di travaglio e si è attaccata subito senza problemi. L’allattamento è partito alla grande e io non avevo nulla di cui lamentarmi, apparentemente.
Giulia non aveva ancora nemmeno un mese e noi già avevamo comprato il biglietto di sola andata… ero euforica. Purtroppo gli inghippi che mi avevano tenuta lontana da casa si sono riproposti e mi fu vietato nuovamente di ritornare in Australia.
Da lì iniziai a sentirmi in gabbia, mi resi conto che non avrei più potuto fare quello che volevo, tantomeno girare per due mesi con lo zaino in spalla.
Ad aumentare questa sensazione ci si è messa pure Giulia, bambina ad “altissimo contatto”. È’ così che ho dovuto riporre il mio fiammeggiante e sportivissimo passeggino nel ripostiglio e ho tirato fuori fasce e marsupi. Giulia si è “trasferita” nel lettone e piano piano ho iniziato a muovermi di nuovo. Capii che mia figlia non era un impedimento ai miei viaggi e ai miei progetti, avrei potuto benissimo continuare a fare quello che volevo, semplicemente dovevo seguire i suoi tempi! Ho capito questo quando il mio compagno è dovuto tornare in Australia, “lasciandomi” con nostra figlia e tutti i suoi bisogni da soddisfare.
Ora Giulia ha 3 mesi, ha già girato mezzo mondo da dentro la pancia, il suo papà è in volo per tornare da noi e io non vedo l’ora di far vedere a nostra figlia l’altra metà di mondo che le manca.
Questa non è una storia di allattamento, o meglio lo è, ma è’ raccontata partendo dalle cause. Appena ho avuto la notizia che non potevo rientrare a casa, ho avuto un momento di down e sono iniziati i problemi con l’allattamento: seni dolenti, mancanza di latte prima, troppo latte poi, spremiture, ingorghi, riflesso di emissione di una fontana, bambina che non dorme, etc…. Io ho risolto tutti questi problemi, quando ho iniziato a vivere serenamente mia figlia, quando mi è passato il senso di “chiusura in gabbia”.
Essere mamme non vuol dire abbandonare quello che eri prima, semplicemente devi ingegnarti un po’ di più per esserlo. Non tornerò a casa con le tempistiche che mi ero prefissata, ma ci tornerò! Devo ringraziare il mio compagno, papà perfetto e amante impeccabile, che con pazienza mi è stato “vicino” anche a 16000km di distanza, ricordandomi quanto è bello essere “strani”.